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Investimenti sostenibili contro i cambiamenti climatici

I cambiamenti climatici minacciano il nostro spazio vitale. Per raggiungere gli obiettivi della Conferenza sul clima di Parigi e contenere i costi per le generazioni future servono sforzi immensi. In questo contesto sono chiamati in causa anche gli investitori: scegliendo investimenti sostenibili si possono deviare i flussi di capitali verso le imprese più attente alla sostenibilità ed evitare quelle con intensità di CO2 elevata. Facciamo il punto della situazione.

Riscaldamento del pianeta e concentrazione di CO2

Gli ultimi due secoli, la nostra era industriale, sono solo un breve istante se pensiamo ai 300 000 anni di storia dell’Homo Sapiens, ma anche ai 10 000 anni dalla comparsa delle prime comunità agricole o ai 4000 dalla nascita delle civiltà progredite. Eppure sono bastati a provocare un aumento senza precedenti della concentrazione di anidride carbonica (CO2, o biossido di carbonio) nell’atmosfera e minacciare il mondo in cui viviamo, complici il massiccio consumo di carbone, petrolio e gas e l’abbattimento delle foreste per far posto a pascoli e colture.

Tra i cosiddetti gas serra, che assorbono il calore del sole e lo rilasciano nel tempo, la CO2 è il «sorvegliato speciale» proprio per la sua concentrazione elevata e la persistenza nell’ambiente: impiega infatti molto tempo (da 30 a 100 anni) per dissolversi e la sua concentrazione nell'atmosfera è comparabilmente alta. Per questo la CO2 preoccupa più di metano (CH4) e protossido di azoto (N2O). Alcuni studi su campioni di ghiaccio ricavati tramite carotaggi dimostrano che la quantità di CO2 nell’atmosfera ha oscillato per 800 000 anni fra un minimo di 170 e un massimo di 300 parti per milione (ppm), mentre negli ultimi 50 anni si è impennata e oggi supera quota 410 ppm. L’aumento dei gas serra nell’aria ha già provocato un incremento medio della temperatura globale di 1°C rispetto all’epoca preindustriale. Con valori anche molto più alti in alcune aree geografiche e in base alle stagioni. Ad esempio, nella regione artica l’incremento è due o tre volte superiore a quello medio, e in generale sulla terraferma il riscaldamento è più intenso che non sugli oceani. Secondo il Comitato Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici dell’ONU (IPCC), la «catena degli effetti» a lungo termine legata alle emissioni di gas serra presenti e passate comporta un aumento – inevitabile – di altri 0,5°C entro il 2040.

Conseguenze dei cambiamenti climatici e misure per contenerli

Le conseguenze e i rischi legati ai cambiamenti climatici sono sotto gli occhi di tutti. Il riscaldamento sta decimando i ghiacciai e le calotte polari, le acque degli oceani sono sempre più calde e acide, il livello del mare si alza. Fenomeni meteorologici estremi come violente tempeste, calura, siccità e forti piogge con inondazioni sono sempre più frequenti. Di conseguenza crescono anche i danni patrimoniali (ad es. a infrastrutture), la biodiversità diminuisce, l’habitat di milioni di persone è a rischio e reperire cibo e acqua potabile diventa sempre più problematico. E dato che i più colpiti sono i paesi emergenti e in via di sviluppo, i cambiamenti climatici rischiano di inasprire gli squilibri di ricchezza su scala globale alimentando così i flussi migratori.

In questo contesto, alla Conferenza sul clima di Parigi del 2015 gli Stati partecipanti hanno concordato di limitare il riscaldamento globale a meno di 2°C, possibilmente intorno a 1,5°C. Per farlo bisognerà azzerare le emissioni di CO2 rispettivamente entro il 2055 per l’obiettivo dei 2°C o entro il 2040 per 1,5°C. Procedendo ai ritmi attuali, il budget globale di CO2 disponibile senza infrangere gli obiettivi climatici verrebbe «bruciato» in poco tempo.

La sfida è enorme. Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia (AIE), oggi l’80% ca. dell’approvvigionamento energetico globale si basa su combustibili fossili e andrebbe in gran parte convertito in fonti rinnovabili. Bisognerebbe abolire le centrali ad alta intensità di emissioni, come quelle a carbone, che hanno una durata di vita residua sempre più breve; i giacimenti di combustibili fossili diventerebbero privi di valore. Un cambiamento così radicale potrebbe innescare gravi turbative sui mercati fisici, come shock di domanda e offerta, e sfociare in crisi finanziarie.
Per ridurre la concentrazione di CO2 non esiste solo il controllo delle emissioni: oltre a intercettare e catturare l’anidride carbonica mediante processi chimici – però costosi e ad alta intensità energetica – si possono abbattere i gas serra con la riforestazione. Secondo calcoli dell’agenzia USA per l’ambiente, un ettaro di foresta assorbe in un anno le emissioni di ca. 4,3 barili di petrolio. Se però pensiamo che nel mondo si consumano un centinaio di milioni di barili al giorno, comprenderemo che la riforestazione può dare un contributo solo complementare poiché le potenziali foreste devono contendersi le aree disponibili con l’agricoltura, necessaria a sfamare una popolazione mondiale in crescita.

Le azioni intraprese finora nell’ottica dell’Accordo di Parigi non lasciano ben sperare. Rischi fisici e costi legati ai cambiamenti climatici sono proiettati in un futuro lontano, mentre passare a un’economia neutrale in termini di emissioni richiede sforzi immediati. Decisioni politiche più incisive ma scomode vengono quindi rinviate a oltranza, in casi estremi si arriva a negare l’inquietante realtà dei fatti. Inoltre, proposte di soluzione globali come un’imposta comune sulle emissioni di CO2 sono spesso viste come una minaccia per la competitività e l’occupazione, e respinte appellandosi alle differenti responsabilità degli Stati in relazione al sorgere del problema. Ecco perché l’iniziativa deve partire da livelli più bassi: dobbiamo cambiare mentalità, e ognuno di noi può dare un aiuto prezioso.

Investire in chiave sostenibile alla luce dei cambiamenti climatici

Investimenti come partecipazioni o crediti vanno a finanziare attività economiche che solitamente generano emissioni di gas serra. Gli investimenti finanziari devono però tenere conto anche degli obiettivi climatici. La consulenza in materia di investimenti assume quindi più importanza che mai: le banche svolgono un ruolo centrale in termini di consulenza, informazione e definizione dei prodotti. Possono ad esempio incentivare i clienti a scegliere consapevolmente investimenti legati ad uno sviluppo sostenibile.

Se si iniziasse a investire sistematicamente in chiave sostenibile trasformando l’allocazione globale dei capitali, ciò dovrebbe incidere sui premi al rischio di strumenti azionari e obbligazionari. Le aziende che ignorano gli obiettivi di sostenibilità sul piano climatico, sociale o di governo societario dovrebbero incontrare sempre più difficoltà a collocare obbligazioni sui mercati dei capitali, o ritrovarsi con valutazioni azionarie inferiori – per la loro negligenza in ambito di sostenibilità – rispetto ad altri concorrenti che sono invece all’avanguardia su questo fronte. E se gli investimenti sostenibili dovessero riscuotere sempre più successo a livello globale, ciò dovrebbe tradursi in costi del capitale differenziati per imprese più o meno attente alla sostenibilità.

Ad oggi, però, si stenta a identificare cambiamenti strutturali nei premi al rischio sui mercati dei capitali quale conseguenza diretta di una pressione esercitata dagli investitori. Gli interessi passivi corrisposti da emittenti di obbligazioni di uno stesso settore con meriti creditizi analoghi ma rating di sostenibilità molto diversi sono pressoché identici. Anche perché le grandi banche d’investimento USA non richiedono il rispetto di criteri di sostenibilità per operazioni sul mercato dei capitali. Quindi, non di rado uno stesso istituto offre investimenti sostenibili nell’ambito della gestione patrimoniale per la clientela privata, ma continua a gestire emissioni di azioni e obbligazioni estremamente redditizie per la clientela aziendale in settori ad alta intensità di CO2.

Nell’ultimo decennio la tendenza a investire responsabilmente è diventato un vero e proprio «megatrend» nella gestione patrimoniale. Non sappiamo se nei prossimi dieci anni cambieranno anche i premi al rischio, con un sovrarendimento per gli investimenti sostenibili. Quello che possiamo affermare in base alla nostra esperienza pluriennale con portafogli orientati alla sostenibilità è che investire in modo sostenibile non è andato a scapito del rendimento. Anzi, il grafico (fig. 1) mostra che, dal suo lancio nell’estate 2017, la strategia orientata alla sostenibilità della nostra Soluzione d’investimento «Equilibrata» ha persino conseguito una performance lievemente superiore rispetto alla strategia convenzionale. E anche esaminando l’andamento negli ultimi dieci anni dei nostri mandati personalizzati di gestione patrimoniale legata ad uno sviluppo sostenibile si ottiene un quadro analogo.

Le strategie sostenibili si distinguono molto nettamente da quelle convenzionali in termini di impronta di CO2. Premettendo che calcolare con precisione l’intensità delle emissioni di gas serra di un’immobilizzazione finanziaria non è semplice, negli ultimi decenni sono stati introdotti standard contabili (Greenhouse Gas Protocol delle Nazioni Unite) che consentono di determinare tale valore per singole azioni, obbligazioni societarie e titoli di Stato. Fornitori di dati sia privati che sovranazionali e appositi software permettono di calcolare l’impronta di CO2 di un portafoglio di investimenti. Ad esempio, il relativo indicatore per gli investimenti in azioni è dato dalle «emissioni in tonnellate di CO2 equivalente per milione di CHF di cifra d’affari». La figura 2 mostra che la nostra Soluzione d’investimento Sviluppo sostenibile «Equilibrata» ha un’impronta di CO2 pari alla metà rispetto alla sua versione convenzionale indicizzata.

Sempre nella figura 2 si nota che, per raggiungere gli obiettivi climatici dell’Accordo di Parigi – ossia limitare il riscaldamento del clima a meno di 2°C – è imperativo abbassare di circa il 4% ogni anno l’intensità di CO2 dell’economia mondiale, e quindi anche quella delle attività finanziarie. Un’impresa non da poco! Per inciso, la riduzione deve ripetersi di anno in anno sia per gli investimenti sostenibili che per quelli convenzionali. Con una decarbonizzazione solo parziale dell’economia – e questo punto è fondamentale per capire quanto sia grave la situazione – i cambiamenti climatici verranno sì rallentati, ma proseguiranno inesorabili.

Investendo in modo sostenibile si deviano i flussi di capitali verso le imprese più attente alla sostenibilità evitando quelle con intensità di CO2 particolarmente elevata. La speranza è che gli investimenti sostenibili, attraverso la formazione dei prezzi sui mercati dei capitali, contribuiscano ad accelerare un mutamento strutturale ormai indispensabile e urgente nel consumo di combustibili fossili.

Fig. 1: Soluzioni d’investimento Banca Cler e obiettivi climatici 2050 dell’IPCC (ONU): riduzione del 4 % annuo delle emissioni globali di CO2 

Fonte: Banca Cler, YourSRI

Fig. 2: Sol. d’investimento Banca Cler «Equilibrata» Indice, 27.7.2017=100 (lancio Soluzione d’investimento «Sviluppo sostenibile»)

Fonte: Banca Cler, Bloomberg

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