Dall’abolizione del cambio minimo con l’euro nel gennaio 2015, la Svizzera ha vissuto una fase di tassi bassi durata sette anni, che – alla luce dei redditi da in-teressi in netto calo – abbiamo battezzato «emergenza investimenti 1.0» e che si è conclusa repentinamente alla fine della pandemia da coronavirus, quando i tassi hanno fatto segnare un’impennata. Attualmente per il franco svizzero si profila una nuova fase con tassi di riferimento bassi – ossia un’emergenza inve-stimenti 2.0. Infatti, il 19 giugno 2025 la Banca nazionale svizzera (BNS) ha ab-bassato il tasso di riferimento portandolo allo 0%. In questa sede analizziamo com’è andata durante la fase 1.0 per trarne insegnamenti utili in ottica futura. E tenendo d’occhio il rapido aumento del debito pubblico USA, che a nostro avvi-so avrà un ruolo fondamentale.
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Nell’ultimo decennio l’introduzione dei tassi d’interesse negativi e il conseguente concetto di «emergenza investimenti» sono stati al centro dell’attenzione di chi investiva in CHF. Dieci anni fa, il 15 gennaio 2015, la Banca nazionale svizzera (BNS) ha abolito il cambio minimo con l’euro. Quel giovedì mattina, il presidente della BNS Thomas Jordan si è presentato davanti ai media con la seguente dichiarazione: «La Banca nazionale svizzera ha deciso di abbandonare da subito la soglia minima di cambio con l’euro di 1.20 franchi rinunciando a difenderla attraverso acquisti di divise». Questa scelta era basata su due convincimenti: da un lato, che il tasso minimo avesse fatto il suo tempo e l’economia si fosse nel frattempo stabilizzata; dall’altro, che dopo la crisi dell’euro del 2010 le aziende avessero avuto modo di adeguarsi al franco forte.
Le radici dell’orientamento maturato presso la BNS affondavano nella stessa moneta europea. Dalla crisi dell’euro, acuitasi a partire dal 2010 e culminata nella quasi uscita della Grecia dall’area monetaria, la BNS lottava contro un franco eccessivamente forte. Il 26 luglio 2012, in un discorso tenuto a Londra, l’allora presidente della Banca centrale europea (BCE) Mario Draghi si è rivolto ai mercati finanziari in fermento che speculavano sempre più contro l’euro con un’affermazione divenuta iconica: «Nell'ambito del nostro mandato la BCE è pronta a fare tutto il necessario a preservare l'euro. E credetemi: sarà abbastanza».
Dal punto di vista attuale, le misure di politica monetaria adottate dalla BCE a partire dal 2012 hanno avuto un effetto stabilizzante sull’euro. Il debito pubblico rimane ancora oggi una questione centrale, soprattutto per l’Italia e in misura minore anche per la Francia. Tuttavia, la sopravvivenza della moneta unica europea non è più minacciata. Al contrario, con la nuova politica degli interessi USA, l’Europa può essere felice della sua valuta forte e indipendente. Nel commercio mondiale, con una quota di circa il 30% dei flussi di pagamento globali, l’euro si è affermato, almeno in un certo qual modo, come unica alternativa seria al dollaro statunitense.
Dopo la decisione della BNS sul cambio minimo con l’euro, nel 2015 regnava grande incertezza sul mercato azionario svizzero. Il timore di una tendenza deflazionistica dovuta al calo dei prezzi delle importazioni e la prospettiva di una crescente esternalizzazione delle capacità produttive hanno destabilizzato sia le aziende sia chi investiva in azioni svizzere. Di fatto, nel 2015 e 2016 il rendimento complessivo cumulato (ossia comprensivo dei dividendi) dell’ampio indice azionario SPI è stato prossimo allo zero. Tuttavia, gli anni a partire dal 2017 sono stati nel complesso molto positivi, tanto che nel decennio 2015–2025 chi investiva nello SPI ha ottenuto – malgrado la pandemia, l’invasione russa dell’Ucraina e il crollo di Credit Suisse – un rendimento medio annuo del 6,4%.
Per contro, nel medesimo periodo, le obbligazioni in CHF con elevata solvibilità hanno fruttato in media solo lo 0,3% circa. Si tratta di un valore nettamente inferiore al tasso medio annuo di rincaro dei prezzi al consumo in Svizzera, che dal 2015 ad oggi si è attestato intorno allo 0,7% all’anno.
Con le Soluzioni d’investimento Banca Cler, dall’autunno 2016 offriamo un’alternativa ai tassi d’interesse pari a zero o addirittura negativi sui risparmi. Oggi, a quasi nove anni dalla loro introduzione, le aspettative di rendimento del 2016 sono state soddisfatte.
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La scelta di un portafoglio titoli ampiamente diversificato sia a livello internazionale che in termini di singole azioni e obbligazioni, sotto forma di un fondo d’investimento strategico o di un mandato di gestione patrimoniale, ha permesso di rispondere efficacemente alle sfide poste dalla fase di tassi bassi iniziata nel 2015, ovvero all’«emergenza investimenti 1.0».
Dal 2021, con l’attenuazione della pandemia da coronavirus, si è registrata un’impennata dell’inflazione di portata inaspettata, che ha raggiunto il suo apice a metà del 2022. Un forte eccesso di domanda derivante in parte dalle misure di stabilizzazione finanziate con fondi statali, in combinazione con le strozzature nelle catene di fornitura globali e l’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe russe, ha fatto salire alle stelle l’inflazione. Nel frattempo, il tasso di rincaro in Svizzera e nell’UE è tornato a livelli normali. Attualmente, la politica economica ondivaga del presidente USA Donald J. Trump sta causando notevole incertezza riguardo al futuro andamento dell’inflazione.
Dall’analisi del contesto economico generale si prevede per la Svizzera una crescita economica (potenziale) attorno all’1% circa. Anche le aspettative di politica monetaria riguardo al livello dei tassi di riferimento indicano un perdurare della fase di tassi bassi. Sono possibili oscillazioni cicliche dei tassi di riferimento mediamente basse dell’ordine dell’1% circa. Le prospettive di rendimento sui conti di risparmio in CHF e sulle obbligazioni in CHF con breve durata, poco soggetti a fluttuazioni, rimangono quindi molto contenute. Pertanto, puntando unicamente sui rendimenti di investimenti fruttiferi si farà probabilmente fatica già solo a compensare il rincaro.
Anche in vista di una possibile e del tutto plausibile fase 2.0 di tassi bassi per il decennio a partire dal 2025, consigliamo una strategia molto diversificata tra regioni, categorie d’investimento e singoli titoli. Con un orientamento di questo tipo occorre sì mettere comunque in conto significative fluttuazioni di valore, ma è molto probabile che sull’orizzonte d’investimento di dieci anni la perdita patrimoniale dovuta all’inflazione venga più che solo compensata.
Tra l’emergenza investimenti 1.0 scoppiata nel 2015 e quella 2.0 che si profila dal 2025 si riscontrano però alcune differenze. Da un lato, rispetto al 2015, oggi le valutazioni azionarie sono leggermente più elevate: soprattutto le azioni statunitensi iniziano il nuovo decennio con multipli nettamente più alti, mentre i titoli svizzeri ed europei presentano valutazioni pressoché simili a quelle del 2015. A livello della nostra strategia, questi dati ci spingono a puntare su una diversificazione ancora maggiore attraverso investimenti alternativi, che possono essere, oltre agli hedge fund, anche investimenti indiretti in immobili svizzeri. In questo contesto miriamo sempre alla massima liquidità possibile per gli strumenti d’investimento da noi utilizzati.
Una differenza importante rispetto al 2015 è il forte aumento del debito pubblico USA, che ha ormai raggiunto il livello record del 100% della performance economica del paese (PIL). Sotto il profilo dei rischi, quindi, i valori nominali USA sono meno allettanti nel lungo periodo. Un aumento dei tassi statunitensi e un ulteriore deprezzamento del dollaro USA sono scenari che potrebbero concretizzarsi nel prossimo decennio. Pertanto, le obbligazioni svizzere restano per noi una componente stabilizzatrice dei portafogli.
Alla luce dell’aumento del debito pubblico statunitense è inoltre consigliabile diversificare nell’oro. Questo è un altro motivo che ci spinge ad adeguare la nostra strategia d’investimento alle sfide future. Con una quota fino al 5%, l’oro occupa da molti anni un ruolo importante nella nostra strategia d’investimento e potrebbe acquisire in futuro ancora più peso qualora si presentassero opportunità di acquisto interessanti.
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