Vi è molta diffidenza verso i tentativi degli economisti di prevedere il futuro guardando al passato. Perché i rendimenti e altre variabili economiche sono così difficili da prevedere? Ciò è dovuto ai molteplici fattori d'influenza, all'imprevedibilità dei condizionamenti reciproci e all'impossibilità di condurre test empirici. Per questo motivo le previsioni sono molto incerte e assumono piuttosto il carattere di scenari plausibili. Ciononostante, costituiscono importanti indicatori di riferimento che aiutano a prendere decisioni d'investimento. Ma come giungiamo alle nostre previsioni a lungo termine? Vi mostriamo come calcoliamo i rendimenti per il futuro.
Più è lungo il periodo d'investimento, meno oscilla il rendimento. Ecco perché le previsioni su orizzonti temporali lunghi, sebbene non perfette, sono più attendibili di quelle a breve termine, ed ecco perché agli investitori si raccomandano investimenti a lunga durata. In Svizzera, negli ultimi decenni, i rendimenti complessivi medi delle azioni si sono collocati tra l’8 e il 9 % p.a.; questo è un primo indizio sui risultati che si potrebbero ottenere, su un orizzonte esteso, nel futuro.
«La crescita economica è il principale fattore trainante dei corsi azionari.»Brigitta Lehr, analista finanziaria
I fattori chiave che determinano l’andamento dei prezzi delle azioni sono la crescita degli utili e le variazioni delle valutazioni, dovute ad esempio a cambiamenti sul fronte dei rischi. La crescita degli utili, nel breve periodo, è condizionata dagli alti e bassi dei fatturati e, di conseguenza, dei margini di profitto, mentre nel lungo termine tende ad allinearsi all’andamento dell’economia complessiva, ossia del prodotto interno lordo. Il livello di valutazione, misurato in termini di rapporto prezzo/utile (P/E), oscilla sostanzialmente intorno al proprio valore medio, a quanto si evince dai dati storici, e di solito si muove in direzione opposta al livello dei tassi d’interesse. Su un periodo molto lungo, l’aumento dei corsi azionari si allinea alla crescita economica.
Gli scostamenti del livello di valutazione dalla media storica si manifestano per lo più in cicli piuttosto lunghi e forniscono un’indicazione sulla successiva evoluzione dei corsi azionari. Un esempio: i dati degli ultimi 50 anni relativi all’ampio e ben documentato mercato azionario statunitense mostrano una significativa correlazione tra P/E e variazione dei prezzi delle azioni nel decennio di volta in volta successivo. Alla fine del primo trimestre del 2022, il P/E si è attestato a 22, al di sopra della media storica di 18, per cui l’aumento annuo atteso delle quotazioni azionarie fino al 2032 ammonta a un 5 % scarso, ed è quindi sotto la media (cfr. fig. 9). Al rendimento complessivo vanno aggiunti i dividendi (intorno al 2 % annuo), il che ci porta a un rendimento atteso di circa il 7 %.
Se conoscessimo il futuro andamento dei tassi, non avremmo difficoltà a formulare una previsione esatta sui rendimenti obbligazionari partendo dalle variazioni dei prezzi e dei proventi da interessi. Purtroppo però non lo conosciamo, quindi dobbiamo adottare un approccio pragmatico: le analisi dei dati storici dimostrano che il livello prevalente dei tassi è un buon indicatore del rendimento complessivo dei bond nei dieci anni successivi (es. USA, cfr. fig. 10).
Come nel caso del rapporto prezzo/utile nel comparto azionario, anche i tassi nel lungo termine seguono un trend laterale. Gli interessi bassi implicano entrate correnti modeste – addirittura negative, prevalentemente, negli ultimi anni – che vanno ad aggiungersi alle perdite sui corsi in caso di normalizzazione del livello dei tassi. Di conseguenza, prevediamo un rendimento complessivo prossimo allo zero per le obbligazioni svizzere negli anni a venire.
Le nostre aspettative sull’evoluzione dei tassi di cambio si basano sulla teoria empirica della parità del potere d’acquisto, secondo la quale nel lungo termine l’andamento delle valute si orienta al differenziale d’inflazione tra i paesi. In pratica, le monete di paesi con inflazione bassa, come la Svizzera, evidenziano nel lungo periodo una tendenza al rialzo rispetto a quelle di paesi con tassi di rincaro elevati. Dal punto di vista della Svizzera, i rendimenti di investimenti azionari e obbligazionari in valuta estera non presentano grandi differenze a lungo termine. In passato, è accaduto che i surplus di rendimento in valuta locale venissero vanificati per lo più da svalutazioni nei confronti del franco svizzero. Vi sono casi in cui nel lungo periodo sono stati conseguiti rendimenti elevati in franchi svizzeri, ma i motivi molto probabilmente sono altri. Un esempio potrebbe essere il miglioramento sistematico della solvibilità delle obbligazioni dei paesi emergenti.
La tendenza a tenere conto della sostenibilità negli investimenti è ancora molto recente, pertanto è difficile reperire dati statisticamente attendibili sulle differenze di rendimento tra gli investimenti sostenibili e quelli convenzionali. Secondo alcuni, la selezione di imprese con un profilo ESG di prim’ordine consentirebbe di ridurre i rischi e garantirebbe una performance migliore. Tuttavia, mentre per le azioni sostenibili lo storico degli ultimi 15 anni indica per lo più un miglioramento delle caratteristiche di rischio e rendimento, nel comparto obbligazionario non vi sono ancora evidenze in tal senso. Questo è il motivo per cui finora non abbiamo applicato distinzioni fra investimenti sostenibili e convenzionali nelle nostre aspettative di rendimento.
A voler essere critici, la formulazione di aspettative di rendimento a lungo termine sulla base di valori relativi al passato potrebbe essere paragonata a un viaggio in autostrada in cui il conducente si orienta guardando nello specchietto retrovisore. Tutto sommato, però, se si guida con prudenza si riesce a capire anche così quando si sta imboccando una curva, e si reagisce di conseguenza. Una cosa è certa: la precisione assoluta delle previsioni di rendimento è pura illusione. È probabile, però, che il trend si situi entro un range vicino ai valori che ci aspettiamo. In questo senso, lo «sguardo allo specchietto retrovisore» ha i suoi perché.
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